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sabato 6 luglio 2013

Le recensioni gusciose: Tarocchi ed etnofolk

Ci sono delle volte che leggo delle recensioni e dico "ma va' là, la scrivevo meglio io". Con questo post sul blog di Testuggini voglio iniziare a farlo sul serio. Così chi mi legge potrà dire "ma va' là, la scrivevo meglio io". E per dargli ragione, partirò pigliandola larga come mio solito.
A quindici anni mi misi a leggere i tarocchi. Non so se ci credessi davvero, o se semplicemente fu un modo per acquistare interesse agli occhi dei compagni. Propenderei per la seconda ipotesi: e funzionò. Tutti mi dicevano che “ci beccavo”, in realtà sapevo cogliere segnali, interpretare reazioni, andare a parare dove mi portavano i “consultanti” stessi. Non vi illudete: fan tutti così. Io però lo facevo a macca (ossia gratis). Come curiosità, aggiungerò che leggevo su un mazzo anomalo: regalatomi da mia madre (secondo la tradizione, i tarocchi divinatori devono essere regalati), il mazzo (edito da Heraclio Fournier e disegnato da Luis Pena Longa) presenta tra gli arcani maggiori diverse carte anomale rispetto alle tradizionali del tarocco marsigliese, il più diffuso.

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Le carte dalle differenze più vistose,
alcune nel nome, altre nell'iconografia,
altre in entrambe.



Spesi molto tempo e molto impegno nel leggere alcuni libri sui tarocchi. Di tutto questo “studio”, che per la persona che sono oggi potrebbe anche sembrare uno spreco di tempo, mi resta una grande acquisizione: la conoscenza di un universo allegorico e magico racchiuso nei ventidue arcani maggiori; che non reputo certo uno strumento per prevedere il futuro (non si può), né un mazzo di carte da gioco (non ci so giocare), bensì uno strumento meraviglioso che l'uomo ha usato per descrivere se stesso e il suo mondo.

All'universo dei Tarocchi si è ispirato Elias Nardi per un disco uscito alla fine del 2012. Elias Nardi suona l'oud, il liuto arabo. Ho conosciuto questo musicista grazie alla rete. Io stesso ho un oud e lo strimpello, anche nei miei dischi, e dunque ascolto come lo usano gli altri: quando ho sentito come lo usa Nardi mi è venuta voglia di buttare l'oud e tornare alla mia chitarrina, eventualmente al bouzouki. E invece, ho pensato bene di scrivergli e di farmi dare qualche consiglio. Che mi ha elargito senza risparmiarsi.

Il suo The Tarot Album è stato ispirato da una visita al Giardino dei Tarocchi di Capalbio (GR), un posto che vedi due foto e dici "devo andarci". Il disco è pubblicato a nome dell'Elias Nardi Quartet. Il protagonista rimane l'oud di Nardi, ma il basso di Carlo La Manna (che è anche coautore della maggior parte dei brani), le tastiere di Roberto Segato e le percussioni di Zachary J. Baker sono tutt'altro che voci di contorno: veri e propri comprimari, disegnano con perizia l'ambiente entro il quale le corde di Nardi svolgono il proprio discorso. Il livello dei musicisti è altissimo. I giochi di botta e risposta tra gli esecutori sono entusiasmanti, strizzano l'occhio a chi li sa cogliere e ammaliano chi si lascia prendere dalla semplice atmosfera. Perché questo è l'ingrediente principale del disco: le atmosfere, in bilico tra strumenti senza tempo e sonorità futuristiche. E in questo l'opera sembra ricordare le stesse carte da cui trae ispirazione: nate in epoca prerinascimentale, sembrano dipingere un mondo più antico e contemporaneamente modernissimo, tanto che ancora oggi affascinano anche uno scettico patentato come me.


Il Mondo è il ventiduesimo arcano;
io l'ho sempre visto come un feto nel ventre, e questa
è l'immagine che mi suggerisce anche questo brano


Se nel 2013 si può ancora parlare di sperimentalismo in musica, io credo che sia in casi come questo: quando mescolando elementi distanti nello spazio e nel tempo, grazie alla bravura, al gusto e all'intelligenza dei musicisti si ottiene un lavoro dotato di personalità e degno di interesse.
In un mercato discografico come quello italiano, così avaro di idee e di talenti, The Tarot Album è una perla da non farsi scappare. Ed Elias Nardi un artista da marcare stretto.

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