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mercoledì 6 novembre 2013

Il rumore del lutto: vincere la morte abbattendo il suo tabù

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Il testo inserito in un secondo momento è indicato tra parentesi quadre.

Il lutto è un indumento che si veste nel silenzio; ma per chi lo indossa è un frastuono, che ti assorda e non lascia uscire nulla, tranne il dolore. La morte è uno di quegli argomenti di cui non si parla. Un po' perché è un argomento che da sempre spaventa l'uomo, un po' perché l'epoca in cui viviamo ha fatto della morte uno dei suoi rimossi più palesi. Vero e proprio tabù, la morte è qualcosa di cui si tace: perché il pensiero magico non abbandona l'uomo, e per la magia ciò che non dici non esiste. Eppure, la morte esiste. E non è la negazione della vita, ma piuttosto una sua conseguenza.
Una persona coraggiosa ha avuto, ormai sette anni fa, l'idea di costruire un festival attorno all'idea della morte, tentando di infrangere i tabù che la circondano. Si tratta di Maria Angela Gelati. É una tanatologa, una studiosa della morte e dell'approccio che l'uomo ha nei suoi confronti. Dal 2007 organizza a Parma il festival il Rumore del Lutto. [Nel 2007 Maria Angela ha avuto, assieme al dj Marco Pipitone, l'idea di organizzare a Parma il festival il Rumore del Lutto] che ricorre sempre durante il ponte del 2 novembre.
Quest'anno ho anch'io preso parte a questa rassegna, grazie all'Associazione Amici delle Piccole Figlie. Si tratta di un gruppo di volontari che opera all'interno dell'hospice, reparto di cure palliative: un reparto dove vengono accolti e assistiti i pazienti la cui malattia non può più essere curata, ma la persona sì; e ne ha bisogno più che mai, perché sta affrontando uno dei momenti più difficili della sua vita: quello della morte.
Purtroppo l'anno scorso la mia famiglia ha avuto bisogno di usufruire del servizio offerto dal reparto. Si ammalò mio zio, uno zio che per me è stato un padre, come io sono stato un figlio per lui. Per fortuna abbiamo capito lo spirito di questo posto, e abbiamo potuto percorrere con il nostro Nasario l'ultimo tratto del suo sentiero (come lo chiamava lui) con tutta la serenità possibile in una situazione del genere. Perché il reparto di cure palliative non si prende cura solo del malato, ma anche della sua famiglia, che nel momento della fine è coinvolta quanto il morente. Questo non elimina il lutto, né lo rende meno pesante; ma offre la possibilità di non viverlo in solitudine, e non è poco.
Il mattino del 2 novembre l'Associazione Amici delle Piccole Figlie ha partecipato al seminario Dal curare al prendersi cura: vivere il morire. L'hospice raccontava se stesso in questa mattinata intensa, ricca di contenuti ed emozionalmente impegnativa. Io ho avuto l'occasione di raccontare la mia piccola esperienza, e l'ho fatto nel modo che mi è più congeniale: con una canzone. Questa è una registrazione del mio intervento.


Il Rumore del Lutto però comprende anche eventi di tutt'altro genere. E infatti domenica pomeriggio avrebbe ospitato Massimo Zamboni, storico chitarrista di CCCP e CSI, e oggi solista di grande spessore. Sono andato ad ascoltare il suo intervento insieme a mia madre, che è una fan dei CSI e dei PGR (quanti altri trentenni possono dire lo stesso?). Massimo, che ho conosciuto mesi fa grazie alla Rigoletto Records, avrebbe parlato alla Pinacoteca Stuard, nel centro di Parma. Io e mia madre siamo arrivati sul posto con una mezz'ora di anticipo. Siamo entrati, ma gli organizzatori dovevano ancora arrivare. Uscendo, abbiamo incrociato Massimo: anche lui era in anticipo, e stava ingannando l'attesa passeggiando nei dintorni. L'abbiamo accompagnato a vedere i Giardini di San Paolo, piccola meraviglia nel centro di Parma. E mi scappa un po' da ridere a pensare che ho passato la domenica pomeriggio a spasso con mammà e con un'icona del punk filosovietico... ancora: quanti trentenni possono dire lo stesso?

Finita la breve visita, siamo tornati in pinacoteca con Massimo. Maria Angela Gelati era arrivata, e con lei anche Marco Pipitone, noto dj parmigiano [e co-ideatore] e co-organizzatore del festival. Sarebbe stato lui a intervistare Massimo. Un discorso che ha riguardato soprattutto la sua carriera, con una piccola digressione finale sulla morte, e su come la vive Massimo, che oggi fa vita di montagna. E, come ha sottolineato, la vita di montagna mette in un rapporto più stretto con la morte. Un po' per l'esiguo numero di abitanti dei paesi, un po' perché l'uccisione degli animali è un fatto quotidiano. E quando allevi un coniglio con le migliori cure, nel momento in cui lo prendi per ucciderlo e poi mangiarlo, lui ti guarda negli occhi, e ti chiede conto di quell'azione. E tu ne chiedi conto a te stesso.

massimo zamboni e marco pipitone
Massimo Zamboni e Marco Pipitone

Massimo è un conversatore estremamente gradevole, un ottimo narratore, e, per come l'ho conosciuto, una persona di un'umanità semplice e profonda. Come tanta gente di montagna che ho conosciuto nella mia vita. E com'era mio zio Nasario, anche lui un fiero montanaro. Che la morte l'ha guardata negli occhi, e in quegli occhi ha trovato il coraggio di dire cose mai dette. E che non ripeterò certo qui. Ma il festival il Rumore del Lutto mi ha dato anche quest'occasione: quella di rivivere il meglio di quei momenti cruciali, che dimentichiamo perché naturalmente sovrastato dal dolore. Un dolore in cui noi esseri umani ci riconosciamo comunque tutti uguali: e allora, anziché lasciare che ci assordi, faremmo bene a parlarne - e, se sarà possibile, a farlo con serenità.

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